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1. Dalla prima polemica del 1840 alla condanna del 1849

  • 1. Dalla prima polemica del 1840 sul Trattato della Coscienza Morale alla messa all’Indice delle Cinque piaghe e della Costituzione secondo la giustizia sociale nel 1849 

 
La prima polemica e il “Decreto del silenzio” imposto da Gregorio XVI nel 1843

La prima polemica e forte contestazione del pensiero rosminiano è originata dalla pubblicazione di un’opera del Roveretano intitolata: Trattato della Coscienza Morale, avvenuta nei primi mesi del 1840.
Le accuse mosse in questa prima polemica nacquero dalla rigorosità con cui l’autore conduceva il suo discorso contro il lassismo, ma soprattutto da alcune interpretazioni date dall’autore sulle nozioni di «peccato» e di «colpa» mentre “di passaggio” si soffermava sulla dottrina del peccato originale.
Questa prima polemica era conseguenza della «sfida che fin dal periodo giovanile Rosmini affronterà con tutte le sue forze ed è quella relativa alla possibilità di tentare un fecondo innesto della fede cristiana nella modernità filosofica, attraverso un «progetto culturale», atto ad elaborare una enciclopedia cristiana da contrapporre a quella razionalistica del secolo dei Lumi e dei suoi rappresentanti» (Cfr. G. Lorizio, Il rosminianesimo e le sue vicende fra rivendicazioni di ortodossia e sospetti di eresia, in “Osservatore Romano”, 5 luglio 2001).
A questa prima polemica fu posto termine dalla Santa Sede, quando il 1 marzo 1843 il papa Gregorio XVI indisse una Congregazione di sette cardinali e, sentito il loro parere, impose con decreto il silenzio ad entrambe le parti: Rosmini e i suoi avversari.
Se la polemica era sopita, la questione però non era risolta ed il fuoco covava sotto la cenere.
 
La messa all’Indice nel 1849 delle opere Le cinque piaghe della Santa Chiesa e La Costituzione civile secondo la giustizia sociale

Non passarono molti anni quando con la salita al soglio pontificio di Pio IX, la polemica contro Rosmini tornò ad incendiarsi, aggravata da motivazioni politico ecclesiastiche che si aggiunsero a quelle teologiche. È di questo periodo la vicenda romana di Rosmini, dapprima con la missione diplomatica presso la Santa Sede, affidatagli dal governo piemontese e poi nel suo servizio al Sommo Pontefice il quale aveva l’intenzione di crearlo cardinale. Entrambe terminarono con un fallimento, la prima per il cambiamento di finalità della missione e la seconda per l’accanirsi contro il Roveretano dei suoi avversari.
La polemica si incentrò intorno a due opere che Rosmini aveva pubblicato nel ‘48/’49: Le cinque piaghe della santa Chiesa e La costituzione civile secondo la giustizia sociale.
Gli avversari ebbero la meglio e i due scritti furono posti all’Indice nel giugno 1849; la condanna fu notificata al Rosmini il 13 agosto, ad Albano dove risiedeva. Egli prontamente si sottomise: «Coi sentimenti del figliolo più devoto ed ubbidiente alla Santa Sede, quale per grazia di Dio sono sempre stato di cuore e me ne sono anche pubblicamente professato, io Le dichiaro di sottomettermi alla proibizione delle nominate operette puramente, semplicemente, e in ogni miglior modo possibile: pregandola di assicurare di ciò il Santissimo nostro Padre e la Sacra Congregazione».
L’effetto di questa condanna si fece presto sentire e, di fronte al vivace dibattito, molti vescovi (vedi ad esempio la circolare di mons. Aurelio Mutti, vescovo di Verona ai parroci, del 28 settembre 1849, assunta e fatta propria anche dall’Arcidiocesi di Milano) si preoccuparono di precisare al proprio clero e ai propri fedeli quale atteggiamento bisognasse tenere. Una grave ombra di sospetto, non solo in campo scientifico, cadde su Rosmini e sulla vita delle case dell’Istituto della Carità da lui fondato.






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