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XVII Convegno Sacrense
Programma e Sintesi delle Relazioni e Photogallery

 
Abbazia
Sacra di San Michele
Comitato Sacrense

Abbazia Sacra di San Michele 10057 Sant’Ambrogio (TO)
telefono 011 939130 - fax 011 939706
info@sacradisanmichele.com - www.sacradisanmichele.com
 Antonio Rosmini: Verità, Ragione, Fede
Attualità di un pensatore
(In collaborazione con Centro Internazionale Studi Rosmininiani, Stresa)

Programma

Venerdì 19 settembre 2008

Ore 15.00:  Saluti e introduzione

Ore 15.15:  Umberto Muratore
Introduzione

Ore 15.30:  Markus Krienke
Università Teologica di Lugano (Svizzera)
Speculazione e contemplazione nella filosofia di Antonio Rosmini

Ore 16.00:  Paolo De Lucia
Università di Genova
“Luce di verità” e “fuoco di Carità” in Rosmini

Ore 17.00:  Giulio Nocerino
Centro Internazionale di Studi Rosminiani di Stresa
Forma e concretezza nell’ontologia rosminiana

Ore 17.30:  Samuele Francesco Tadini
Centro Internazionale di Studi Rosminiani di Stresa
Il recupero rosminiano dell’argomento ontologico

Ore 18.00:  Gheorghe Stoica
Università di Bucarest (Romania)
Razionalismo rosminiano ed evoluzione spirituale della Chiesa

Sabato 20 settembre 2008

Ore 09.30    Mario Cioffi
Avvocato, Presidente dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani di Firenze
Il percorso rosminiano dall’intelligenza all’amore

Ore 10.00    Silvio Spiri
Università Tor Vergata / Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto
La sapienza metafisica di Antonio Rosmini

Ore 11.00    Pawel Borkowski
Università di Varsavia (Polonia)
Rosmini fra cristianesimo e politica

Ore 11.30    Juan Francisco Franck
Università di Buenos Aires (Argentina)
Il problema del peccato originale e la filosofia

Ore 12.00    Giampietro Casiraghi
Università di Torino
Presentazione degli Atti del XVI Convegno Sacrense

 
Sintesi delle Relazioni
Speculazione e contemplazione nella filosofia di Antonio Rosmini
Markus Krienke (Lugano)
L’originale sintesi che Rosmini elabora fra le esigenze della metafisica antico-medievale e quella moderna si lascia evidenziare confacentemente nel metodo della Teosofia in quanto sintesi tra “contemplazione” e “speculazione”, ossia tra momento intuitivo e momento dialettico nella questione fondativa. Mentre nella filosofia classica, la “contemplazione” determinava il significato della “speculazione” (che perciò fu derivata da “speculum”), per la filosofia moderna, specialmente per Hegel, il momento “contemplativo” della metafisica è definito dalla “speculazione”.
Il rapporto dialettico tra “essere iniziale” ed “essere virtuale” nella Teosofia esprime nient’altro che il metodo specifico della metafisica rosminiana che riunisce ad un livello e con pari dignità “speculazione” e “contemplazione” in quanto l’“essere iniziale” realizza la fondazione ontologia della “speculazione” mentre l’“essere virtuale” significa il radicamento della “contemplazione” nella stessa ontologia. Siccome nel loro necessario rapporto dialettico l’un termine non può essere senza l’altro, Rosmini si oppone contro la moderna radicalizzazione della “speculazione” nel “razionalismo” (“intemperanza della speculazione”) e della “contemplazione” nel “falso misticismo”, entrambi risultati dello scioglimento dianoetico dell’essere. Invece di riproporre un ritorno ad una concezione anoetica dell’essere e cioè ad una subordinazione medievale della speculazione alla contemplazione, Rosmini elabora una concezione ontologica che considera le esigenze autentiche di entrambi i paradigmi metafisici.
“Luce di verità” e “fuoco di Carità” in Rosmini

Paolo De Lucia (Università di Genova)

Sul concetto di forma della verità, si incardina, all’interno del sistema speculativo di Rosmini, il rapporto tra la dimensione oggettivante del pensiero, e la dimensione qualificante dell’esistenza cristiana, rosminianamente racchiudibile nei termini della carità triniforme.

Infatti, le meditazioni del pensatore trentino sulla dinamica della conoscenza, lo inducono a conferire corpo e consistenza alla forma della verità, riformulandola come idea dell'essere, o essere ideale, ed attribuendo a questa la condizione di forma veritativa, cioè di garante della retta prensione conoscitiva di enti, concetti e principi. È appunto in tal senso, che noi, lettori contemporanei dell’opera rosminiana, possiamo attribuire all’idea dell'essere lo status di “luce di conoscenza”, o “luce di verità”.

Ora, il fatto che ciò che l’uomo intuisce, sia essenzialmente dall’uomo partecipato come forma della verità, vale a dire come fattore che conferisce all’io la prensione veritativa sull’essere, garantisce oggettività e universalità alla dimensione della conoscenza, e quindi garantisce il retto esercizio della carità, giacché questo - nell’ottica del “prete di Rovereto” - prende le mosse dal riconoscimento dell’essere nel suo ordine, essere organicamente ripartito in gradi diversi nei vari enti. Si avvia così una dinamica che trova il suo compimento ad opera di Dio, giacché la conoscenza completa della carità, donata dall’Assoluto al singolo credente, costituisce essa stessa una forma di carità. Rivelando la carità, Dio rivela a ben vedere sé stesso, Amore che si trasfonde nell’amore dell’uomo amante l’Amore, e fa appello all’adesione da parte del singolo, affinché il fuoco di Carità si renda presente nel mondo come spirito e vita.

Forma e concretezza nell’ontologia rosminiana

Giulio Nocerino

La relazione tra le tre forme dell’essere, ideale reale e morale, nell’ontologia rosminiana apre ad una visione concreta dell’essere stesso, come dialettica, comunicazione e relazionalità. Il nesso tra sintetismo e concretezza è stato messo in evidenza già nella fase neoidealistica degli studi sul pensiero del Roveretano. Si pensi a B. Spaventa, a D. Jaja, a G. Gentile. Soprattutto D. Jaja, nel suo Studio critico sulle categorie e forme dell’essere di A. Rosmini (1878), ha colto in tutta la sua complessità il problema ontologico rosminiano: la necessità di pensare l’essere non solo come uno e identico, ma anche come già in sé molteplice e diverso. La dialettica dell’implicanza e della compresenza, elaborata da M. F. Sciacca, continua e approfondisce questa direzione.

Nella rielaborazione rosminiana dei concetti ontologici di identità e differenza, unità e molteplicità si delinea la possibilità di elaborare una dialettica che non cada negli errori del dialettismo moderno idealistico e che sia un importante contributo all’elaborazione di un’altra metafisica, intesa come metafisica dell’essere concreto.
 Il recupero rosminiano dell’argomento ontologico

Samuele Francesco Tadini

Il punto focale del ragionamento rosminiano, nelle varie formulazioni che mostra l’argomento ontologico a priori, è rappresentato dall’idea di essere, che per Rosmini è intuita dall’uomo e non necessita di altro per essere riconosciuta, poiché essa è il principio primo di tutte le conoscenze. L’idea dell’essere, infatti, «consta all’uomo per intuizione, cioè consta immediatamente al soggetto». Se prendiamo in considerazione le varie formulazioni con cui il Roveretano lo definisce, ci accorgiamo dell’applicazione dell’idea dell’essere.

Certamente Rosmini nell’analisi dell’argomento ontologico procede, in quanto credente, nello spirito di Anselmo, ma la correzione e il rinnovamento da lui operato ha diversi elementi di novità, soprattutto grazie all’implicazione dell’idea dell’essere, sebbene si possa parlare - con le dovute cautele e le precisazioni fatte - di una certa similitudine argomentativa.

L’accordo fra Rosmini e Anselmo, quindi, si realizza sul piano della constatazione della diversità dei due atti fondamentali dell’intelligenza dell’uomo, per cui per mezzo dell’intuizione, che è il primo, si pone l’oggetto possibile (il riferimento è all’essere ideale) e per mezzo del giudizio, che è il secondo, si afferma la sussistenza di quell’oggetto (il riferimento dell’affermazione è all’essere reale). In tal senso ciò che è intuito per entrambi è l’essere ideale, non il concetto di Dio, che è il presupposto fondamentale per trarre poi il concetto di Dio e dimostrarne l'esistenza. Ciò significa che il concetto di Dio, per entrambi, non è innato nell’uomo, altrimenti si rischierebbe di confondere l’oggetto primo della mente umana con Dio, col cadere nell’ontologismo e, in ultima istanza, con l’affermare, implicitamente, l’inutilità della rivelazione divina.

Il percorso rosminiano dall’intelligenza all’amore

Mario Cioffi (Facoltà Teologica dell'Italia Centrale – Firenze)

L’essere ideale, quel lume naturale della mente che dimora nell’uomo ma lo trascende, ne accende l’intelligenza e, per le sue caratteristiche, prima fra tutte l’oggettività, fonda ontologicamente la conoscenza umana, aprendo la via ad una vera e propria teologia della verità. L’indagine teosofica rosminiana mette in luce il valore ontologico e metafisico dell’essere ideale, nonché la sua connessione con le altre forme dell’essere. Ai modi ideale e morale, colti rispettivamente dall’intelletto e dall’esperienza sensibile, Rosmini aggiunge il morale, che è libera volontà e amore. L’essere, in quanto amato, è la forma morale.

L’esistenza umana non è autosufficiente, e la ragione è costitutivamente orientata oltre se stessa. L’uomo è un reale finito, il reale è una forma dell’essere, alla forma è essenziale tendere al suo principio, l’essere. L’uomo è dunque «un vitale sentimento che si porta verso l’essere». Questa tendenza morale inclina l’uomo alla felicità, ed è l’origine dell’inclinazione naturale al bene universale, che è l’amore naturale.

Ma l’uomo vuole amare ciò che conosce, perché l’amore, che porta alla sapienza, perfeziona la conoscenza: l’uomo, per Rosmini, è «una potenza, l’ultimo atto della quale è congiungersi all’Essere senza fine per conoscimento amativo». Il finito non si costituisce nel suo ordine senza amore, senza riallacciarsi al Principio, al Verbo: l’uomo vuole l’essere assoluto nella sua realtà, nella sua perfetta attualità, e illuminato dal lume soprannaturale, giunge a contemplare Dio, che non è solo un essere che si pensa, ma anche una realtà da godere e amare.
Antonio Rosmini fra cristianesimo e politica
Pawel Borkowski (Varsavia, Polonia)
L’affermazione principale del presente contributo è che nel pensiero politico di Antonio Rosmini possiamo trovare tutta una serie di nozioni o, come si potrebbe dire, di premesse teologiche, che costituiscono una trama essenziale delle sue riflessioni sulle vicende delle società civili. Nella presente relazione si parla di tre fra quelle idee: provvidenzialismo, teonomia, e dottrina sul ruolo speciale del cristianesimo nelle crisi sociali. Un approccio alla politica come quello rosminiano può oggi sembrare sbagliato, illegittimo o anzi provocatorio. Ma non si deve dimenticare che per Rosmini solamente la ragione aperta alla fede è una ragione piena o compiuta, e solamente la filosofia aperta alle verità cristiane può rimanere sana e vera, come dice il Roveretano stesso. Vale la pena ricordare che Rosmini non fa riferimento a nessun tipo di fideismo, ma si basa sulle premesse fornite dalla ragione umana, anche se illuminata dalla fede cristiana.
Il problema del peccato originale e la filosofia
Juan F. Franck (Buenos Aires, Argentina)

Insieme alla Trinità e all’Incarnazione, il problema del peccato originale richiede le riflessioni più intense. L’Enciclica Fides et ratio stimola perciò i filosofi e i teologi ad esplorare la razionalità di questo mistero, le cui ripercussioni nella storia umana e nella scienza filosofica sono tutt’altro che spregevoli. Lo sviluppo del pensiero moderno, da Rousseau a Marx, è un chiaro esempio delle conseguenze teoriche e pratiche di togliere la storicità al peccato originale. Da una parte, il male farebbe parte della natura dell’uomo, essendo così Dio stesso l’autore del male. Da un’altra parte, se lo stato attuale dell’uomo non è conseguenza né di una caduta né di una ribellione, non c’è bisogno dell’ausilio divino. L’uomo diventa quindi autonomo e dà le spalle a Dio nella costruzione di una società perfetta. Anche se la ragione non può provare con certezza il peccato di Adamo come un fatto storico, una buona filosofia impedisce d’interpretare il racconto biblico come un mero simbolo della condizione umana. Il razionalismo non consiste soltanto nella negazione esplicita del carattere storico del racconto biblico, ma c’è anche un atteggiamento razionalista, che consiste nel metterlo tra parentesi. L’ampiezza e profondità delle riflessioni di Rosmini sul peccato originale le fanno uno dei frutti più maturi dell’intellectus fidei di tutti i tempi. Dimostrano altresì che la filosofia cristiana non può prescindere dalla considerazione dello status naturae lapsae.



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